NOVEMBRE 2018
Stamattina sono uscita molto presto. Anche se è domenica mi piace svegliarmi alla mia solita ora, le sei e mezzo e portare fuori Poppy quando è ancora buio.
In giro per il parco non c’è nessuno, l’aria è ferma, cammino nel vuoto e nel silenzio. Sento a malapena il suono delle mie scarpe che smuovono il ghiaino e la medaglietta di Poppy che tintinna sbattendo sul collare. Con noi c’è un po’ di nebbiolina, un tappeto di foglie in terra, lo scheletro degli alberi timidi e vergognosi per la propria nudità. Per gli animi come il mio, che vivono nella paura che qualsiasi cambiamento sia un ingestibile scossone al proprio labile equilibrio, questo spazio immobile è davvero un prezioso stato di sospeso benessere.
Una flebile luce fa capolino e lascia intravedere le sottili striature della nebbia. Guardandole fantastico che siano i fumi del camino di una casa. Ne seguo la scia, passo con il pensiero dal comignolo e sbircio in una casa di campagna al risveglio, con il camino e la stufa economica che riprendono vita da quel legnetto appena appicciato. Si sentono i rumori venire dalla cucina, qualcuno sta già tramestando tra cocci e pentolame. Quando sono per strada, soprattutto in invento, mi piace sbirciare quello che si nasconde al di la delle finestre chiuse. Mi piace l’interno delle case visto da fuori, sembra che tutti, lì dentro, siano al sicuro, felici, protetti e che conducano un’esistenza di pace e serenità. Nel fantasticare dentro le altrui cucine, tra maioliche e camini, in una fredda domenica d’inverno il pensiero va al castagnaccio!
In verità, durante la settimana già mi era venuto in mente questo dolce vedendo le castagne e la farina in bella mostra esposte al supermercato. Mi ero decisa ad acquistare la farina, nel caso avessi avuto voglia di cimentarmi nel castagnaccio. Sullo scaffale ce n’erano di 3 tipi: non ho preso quella più economica, non ho preso quella che riportava sulla confezione una ricetta del castagnaccio in cui tra gli ingredienti erano menzionati uova e burro (ma stiamo scherzando?) ed alla fine ho preso quella che costava di più.
Camminare fa venire buone idee e così, nel pensare a dove trovare la miglior ricetta del castagnaccio, mi è venuta in mente la Silvana. Cerco sempre di prendere le ricette da persone che hanno un legame con gli ingredienti che servono per prepararle. E chi meglio della Silvana che vive proprio in mezzo ai boschi di castagni, sul Pratomagno, quel massiccio che divide il Valdarno dal Casentino. Una zona di boschi che per secoli sono stati il sostentamento delle popolazioni quando, appunto si diceva, che era il bosco a offrire pane ai poveri.
Confidando nell’abitudine che ha la gente di campagna di svegliarsi di buon mattino, tiro fuori a malincuore le mani dalle calde tasche del piumino e scrivo subito dal cellulare un messaggio a Silvana chiedendole la ricetta per fare il castagnaccio. Rientrata in casa, mentre mi preparo il mio litro di tè verde con le bucce d’arancia ecco che squilla il cellulare. La voce di Silvana è morbida e calda ed è un piacere ascoltare il suo buongiorno. La prima domanda che mi fa mi mette in imbarazzo, mi sento impreparata e quasi mi vergogno: “Chi te l’ha data la farina?”. Domanda perfino peggiore di “Dove hai comprato la farina?“.
Che figura, la disturbo di domenica mattina all’alba per sapere come si fa il castagnaccio, e mi presento con una farina che nessuno mi ha dato (errore di non poco conto perché conoscere chi ti da la farina significa sapere anche tante cose sulla farina stessa) e oltretutto comprata al supermercato. Faccio ammènda del mio acquisto non troppo ponderato, ma Silvana comprende e mi dice che, d’altronde, la vita in città ha i suoi vantaggi ed i suoi svantaggi. Mi rassicura promettendomi di mandarmi la farina del Pratomagno appena verrà macinata. Quando tra cucina e terra vi è un solido legame lo si capisce dai prodotti utilizzati dalla cui qualità e provenienza non si può prescindere se si vuol far le cose a modo.
Silvana si raccomanda di mettere un pizzico di sale e, alla mia domanda se dovessi mettere lo zucchero la sua risposta è stata: “un pizzico, ma proprio un pizzico, perché il castagnaccio non ne ha bisogno”. Ha ragione Silvana, nelle ricette bisogna aggiungere solo quello che serve, di quello di cui non c’è davvero bisogno è meglio farne a meno e questo vale per il castagnaccio come per tante altre cose della vita.
Sulla quantità di acqua da usare la risposta di Silvana è stata quella che immaginavo “dipende da quanta ne prende la farina, deve venire un impasto che si può versare nella teglia“. Ecco, la caratteristica di poterlo versare penso sia un’indicazione utile per capire la consistenza dell’impasto.
Silvana non mette l’uvetta, ma solo perché a lei non piace, io ne ho aggiunta una manciatina e non spezzetta le foglioline di rosmarino (o ramerino come si dice in Toscana) nell’impasto perché, ed ha ragione, possono essere un po’ fastidiose da masticare. Mette, invece, qualche rametto intero sull’impasto appena versato nella teglia così da lasciargli sprigionare il profumo durante la cottura.
Appunto con precisione la ricetta di Silvana e, mentre ci salutiamo, mi promette di insegnarmi a fare “la fantoccia”, un biscottone a forma di bambola, tipico del Valdarno che si prepara per Befana.
Questo castagnaccio originale made in Pratomagno è buonissimo e, secondo me, va preparato di domenica mattina!
Io ho utilizzato la teglia di rame che per questi dolci bassi mi sembra sempre la migliore, ben unta di olio di oliva.
A casa mia questo dolce si è sempre chiamato “migliaccio” ed anche nell’Artusi questa ricetta si trova citata come “Migliaccio di farina dolce volgarmente detto castagnaccio”.
Il castagnaccio della Silvana
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180 gr di farina di castagne
circa 150/180 ml di acqua (ma dipende dalla farina che si utilizza)
30 gr di pinoli
30 gr di noci
4 cucchiai di olio di oliva più un cucchiaio generoso per ungere la teglia
una manciatina di uvetta
un pizzico di sale
un pizzico di zucchero
rametti di rosmarino
procedimento
Sistemare in una ciotola la farina di castagne ed unire, piano piano, l’acqua e l’olio mescolando in continuazione con la frusta. Aggiungere quindi sale e zucchero ed alla fine noci, uvetta e pinoli (io ne ho lasciati un pochini da parte per metterli sopra prima di infornare). Se piace il sapore del rosmarino si può anche far scaldare l’olio in un pentolino insieme ad un rametto di rosmarino. Prima di infornare guarnire con qualche pinolo e con i rametti di rosmarino ed un filino d’olio. Cuocere in forno a 150 ° per i primi 15/20 minuti e poi alzare a 180° per altri 20/25 minuti.
In forno!