Le pesche di Prato sono un dolce moderno. Sebbene abbiano nelle ben più antiche castagnole, dolce tipico del Carnevale, le loro parenti più prossime, non le ho trovate menzionate nei vecchi ricettari di cucina toscana.
Per molti anni mi sono tenuta lontana dalle pesche, così come dai babà, per via di quel loro impasto spugnoso e intriso di alcool che mi dava disgusto al primo boccone. Lo stesso mi succedeva per la zuppa inglese che mi facevano mangiare per Natale quando ero piccola.
Qualche anno fa una collega portò in ufficio un gran vassoio di pesche di Prato per festeggiare il suo compleanno. Spalancati cielo, apriti terra: che scema che ero stata per tutti quegli anni a non averle mai volute assaggiare. Probabilmente, le pesche portate dalla collega, erano particolarmente buone: un tripudio di umidità e morbidezza, un perfetto equilibrio tra la bagna delicatamente dolce, alcolica e fresca per via dell’alchermes e talmente imbottite di crema da dover fare equilibrismi con la lingua per recuperare tutto quel bendidìo che fuoriusciva nel prenderle a morsi.
Proprio nel morderle si capisce se sono buone perché in quel sublime attimo si deve venir pervasi dalla sensazione di commettere un atto peccaminoso, voluttuoso e dall’alto contenuto erotico.
Preparare le pesche di Prato richiede un po’ di tempo, è una di quelle ricette da fare in compagnia, organizzando una ben congegnata catena di montaggio: qualcuno pesa l’impasto, un’altro fa le palline, altri si dedicano a svuotarle, i più lussuriosi si prodigheranno nella bagna in vasche di alchermesse, i precisini saranno alla farcitura, quelli che avranno intingolato senza misura nel liquore vermiglio gongoleranno frastornati nel ripassarle nello zucchero.
Ci sarà, di sicuro, qualcuno che gironzolerà intorno alla tavola, commentando con fare puntiglioso le gesta degli operosi pasticceri, avanzerà perfino delle critiche sulle loro abilità manuali e sarà anche il primo ad assaggiare la prima pesca completata: solitamente, costui, sarà un uomo!
Pesche di Prato e morsi voluttuosi
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COSA SERVE PER LE PESCHE
600 g di farina 00
20 g di lievito di birra fresco
150 g di zucchero semolato
5 uova intere
la scorza grattugiata di un’arancia non trattata
1 cucchiaino di sale
100 g di burro
PER LA CREMA
6 tuorli
150 g di zucchero semolato
50 g di farina
500 ml di latte
250 ml di panna fresca
un baccello di vaniglia
PER LA BAGNA
170 ml acqua
100 g di zucchero semolato
250 ml di alchermes
procedimento
La prima cosa da fare è preparare la crema perchè dovrà essere ben fredda quando andremo ad utilizzarla per la farcitura. In una pentola scaldare il latte insieme alla panna e alla polpa e al baccello di vaniglia (per estrarre a polpa incidere il baccello per lungo e con il dorso del coltello tirare via la polpa). Appena inizia a bollire spengere il fuoco. In una pentola con i bordi alti sistemare i tuorli con lo zucchero e l’amido e mescolare bene con le fruste eliminando eventuali grumi. Unire piano piano il latte e la panna ancora caldi e mescolare. Trasferire la pentola sul fuoco e lasciargli prendere il bollore. Quando si vedranno le bollicine e comincerà ad addensarsi si potrà togliere dal fuoco, continuando a mescolare per mantenerla bella liscia. Togliere il baccello di vaniglia, trasferirla in una ciotola e coprirla con della pellicola a contatto. Ricordarsi di ciucciare con morbidezza il baccello di vaniglia per ripulirlo come si confà ad un alimento così pregiato. Prendersi qualche minuto di riposo per farsi abbracciare dal profumo di quell’infinita dolcezza.
Per preparare l’impasto per le pesche si dovrà prima di tutto fare il lievitino facendo sciogliere il panetto di lievito in 5 cucchiai di acqua tiepida. Aggiungere poi un cucchiaio di zucchero e 5 cucchiai di farina, mescolare e lasciar riposare per 1 ora. Trasferire il lievitino nel cestello di una planetaria e, con il gancio da pane, impastarlo insieme allo zucchero, a 50 ml di acqua e la scorza grattugiata di arancia. Aggiungere le uova una alla volta e poi la farina in un paio di volte e quindi il sale. Per ultimo unire il burro a temperatura ambiente fatto a piccoli pezzettini. Lasciare che ogni pezzo venga ben incorporato prima di aggiungere l’altro. Si dovrà ottenere un impasto elastico che non rimane attaccato al cestello della planetaria. Se non si dispone di una planetaria, ma di buona forza nelle braccia… impastare a mano. Lasciar riposare l’impasto per 2 ore in un luogo tiepido, dentro ad una ciotola e coperto con la pellicola. Quando sarà raddoppiato di volume formare poi delle palline del peso di 23/25 g ciascuna (non si può fare a occhio perché poi le pesche di misura diversa sarebbero difficili da accoppiare). Lasciar di nuovo lievitare le palline per 1 ora in una teglia coperta con carta da forno. Cuocerle quindi in forno a 160° per 20 minuti.
Quando saranno ben fredde si potrà cominciare a scavare il magico foro che andrà poi farcito con la crema. Con un coltello appuntito incidere un cerchio nella parte piana della pesca e cominciare a togliere impasto aiutandosi anche con un cucchiaino. Fate attenzione a non fare un cratere, ma neanche a fare la tana di una formica: una giusta via di mezzo tra l’impasto che deve rimanere spesso per non scomparire una volta bagnato e lo spazio per la crema che non deve far pensare che siamo stati tristemente avidi di farcitura.
Per preparare la bagna mettere lo zucchero e l’acqua in un pentolino e fargli prendere il bollore giusto per assicurarsi che lo zucchero si sia bel sciolto. Quando si sarà freddato versarlo in una bacinella insieme all’alchermes e mescolare. Immergere le pesche nella bagna una per volta e poi riporle su di una teglia coperta da carta forno. Quando tutte le pesche saranno state bagnate si potrà iniziare a farcirle. Se preferite usare la saccapoche fate pure altrimenti potrete utilizzare un cucchiaino. Andranno farcite entrambe le pesche, poi accoppiate e quindi ripassate in un piatto con dello zucchero semolato.
In questa ricetta è fondamentale l’organizzazione. Vi dovrete preparare sul tavolo tutto ciò che vi serve, soprattutto se non disponete di numerosi aiutanti, per non dover fare troppa attività fisica nel passare dalla ciotola della bagna alla teglia per farle asciugare alla ciotola della crema e al piatto di zucchero.