Questa ricetta, come spesso mi succede, l’ho un po’ improvvisata cercando di ricordare un piatto simile di cui avevo letto sfogliano un libro di cucina… o forse una rivista mah… altro non ricordo.
Non ricordo, non ricordo mai niente, ma ricordo qualcosa…
Ricordo che si parlava di questa ricetta di melanzane e mele a proposito della cucina sefardita, la comunità ebraica della Spagna.
Ricordo che mi aveva colpito questa commistione mela/melanzana che mi aveva ricordato dell’antico nome con cui venivano chiamate le melanzane.
E allora mi sono ricordata del perché, proprio in Spagna, si consumavano le melanzane e così, sono tornata sui libri di storia, al tempo della conquista araba della penisola Iberica nel VII secolo. Furono proprio gli arabi a portare in Europa tanti nuovi alimenti – tra questi la batinjan – spesso provenienti dai loro lunghi viaggi lungo la Via della Seta, in India, Cina, Persia o più lontano.
Nel bellissimo libro di Farouk Mardam-Bey “La cucina di Ziryab” si legge
che l’origine della parola araba sarebbe da rintracciare in bad al-gan che significa “il ginn ha fatto l’uovo” ( ” ginn” sarebbe riferito ad un personaggio sovrannaturale della tradizione islamica).
La cattiva reputazione attraversò il Mediterraneo insieme alla melanzana, tanto che nel XVI secolo sarebbe stata proibita in Inghilterra. In Turchia le si sarebbe persino rimproverato di essere la causa dei circa 500 incendi che devastarono Instanbul all’epoca ottomana. Si racconta, in effetti, che nella stagione delle melanzane, in piena estate, tutti gli abitanti accendevano le braci sulla porta di casa per abbrustolire il loro ortaggio preferito, senza badare al vento che spazzava la grande metropoli.
Questo vento porta ancora ai nostri giorni il nome di patlican meltemi ovvero “vento di melanzana”.
Il Ginn ha fatto l’uovo devo dire che mi affascina tanto come traduzione della parola araba di melanzana e allora ho chiesto un po’ in giro. Ginn dovrebbe essere la rappresentazione del fuoco, all’interno degli elementi della cultura islamica e, quindi, qualcosa legato anche alla sfera degli inferi o addirittura al diabolico. Su questo non vado oltre perché non vorrei dare informazioni poco precise (queste sono le conclusioni a cui sono arrivata durante una conversazione in pizzeria con una amico palestinese direi laico ma di cultura islamica, con un palestinese cristiano e con un cinese appassionato di taoismo e conoscitore dell’arabo e del Corano).
Si narra che la melanzana, quando si presentò in Europa, non godesse di un gran prestigio. Anzi, pareva a molti uno strano ortaggio dall’aspetto assai poco commestibile e foriero di iattura. Forse per via del suo colore scuro, talvolta violaceo ed anche del suo sapore. La melanzana è una di quei pochi ortaggi che mangiata non cotta ha un sapore terribile e completamente diverso da quel gusto delizioso che acquista dopo essere stata cucinata.
Durante il Rinascimento, il nome latino di questa poveretta era malum insanum, che si potrebbe tradurre come mela insana. Addirittura conosciuta come mela dei folli per le gravi conseguenze, non solo fisiche ma anche psicologiche, che porterebbe a colore che avessero l’ardire di cibarsene. Anche se con la cottura quasi si elimina completamente, le melanzane così come i pomodori contengono la solasonina che può dare alcuni, seppur lievi disturbi se ingerite crude e soprattutto se consumate con la buccia ed in grandi quantità (nessuno, almeno credo, si sognerebbe mai di mangiare un campo di melanzane crude, giusto?).
E si sa che ogni aspetto della nostra vita si colloca anche in un sistema stratificazione sociale, ed ecco che la melanzana deve anche parte della sua tremenda reputazione al fatto che era il cibo dei poveri e, in quanto tale, non portatore di sublimi piacere, quest’ultimi riservati solo ai nobil signori!
Insomma, tutti nomi pieni di disprezzo e terrore per questo povero ortaggio che poi, almeno per me, ha sempre avuto un’immagine femminile, di buona e generosa signora, visto i manicaretti di cui è sempre stata protagonista nella mia vita culinaria! Ho sempre amato queste signore ortaggio anche se, talvolta, ammetto di averle sbeffeggiata con il nomignolo “mela anziana“!
Francesi e inglesi forse si sono dimostrati meno cattivi chiamandole egg-plants, una sorta di uovo della pianta, forse a volerne sottolineare al rotondità che ricorda un uovo, chissà!
Addirittura l’Artusi si è scomodato per ridare lustro a questa bistrattata signora ortaggio che lui chiama “petonciano“, termine che un poco ricorda il nome arabo batinjan. (in arabo non esiste la pronuncia della lettera “p” che si pronuncia con un suono simile alla nostra “b”).
Nel suo testo “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” scrive Pellegrino:
Il petonciano o melanzana è un ortaggio da non disprezzarsi per la ragione che non è né ventoso, né indigesto. Si presta molto bene ai contorni ed anche mangiato solo, come piatto d’erbaggi, è tutt’altro che sgradevole, specialmente in quei paesi dove il suo gusto amarognolo non riesce troppo sensibile. Sono da preferirsi i petonciani piccoli e di mezzana grandezza, nel timore che i grossi non siano amari per troppa maturazione. Petonciani e finocchi, quarant’anni or sono, si vedevano appena sul mercato di Firenze; vi erano tenuti a vile come cibo da ebrei, i quali dimostrerebbero in questo, come in altre cose di maggior rilievo, che hanno sempre avuto buon naso più de’ cristiani.
Comunque sia, di chi sia o da dove venga o quale siano gli ingredienti che non ricordo, questa ricetta delle melanzane con le mele è buonissima.
Saporita e con un vago ricordo di strudel, per via delle mele e della cannella!
Mangiatene più che potete alla faccia di chi ci voleva negare il piacere di gustare questo ortaggio meraviglioso!
2 melanzane non troppo grandi (quelle troppo grandi sono spesso troppo mature e piene di semi!) Bollire le melanzane in una pentola di acqua e sale. Lasciarle poi intiepidire e quindi tagliarle a metà per lungo. Con un coltello incidere il perimetro che si sarà ben ammorbidito grazie alla bollitura e tracciare anche delle linee trasversali per aiutarsi poi con un cucchiaio a togliere la polpa. Mi raccomando: non bucate la buccia! Il pane raffermo mettetelo in un robot per farne del pan grattato non troppo fine. In una teglia soffriggere pianino pianino la cipolla tagliata fine, l’aglio ed un cucchiaino di sale. Quando il soffritto sarà leggermente dorato, aggiungere la polpa delle melanzane a tocchettini, le mele tagliate finemente, l’uvetta precedentemente reidratata nell’acqua tiepida, un cucchiaino di cannella e circa 5/8 cucchiai di acqua e lasciar cuocere con il coperchio per 10 minuti, pianino pianino. Non vi preoccupare se vi sembrerà troppo acquoso il tutto perchè poi il pane e la granella assorbiranno il liquido e, comunque, il composto deve essere molto morbido. Aggiustare di sale e pepe e spegnere il fuoco. Aggiungere il pan grattato e la granella di mandorle (lasciarne un pochina da parte da utilizzare per guarnire le melanzane prima di metterle in forno). Mettere il tutto nelle melanzane svuotate che avrete posizionato dentro una teglia da forno unta con dell’olio. Aggiungere alla teglia mezzo bicchiere d’acqua e cuocere in forno per 40 minuti a 180° mettendo anche il grill alla fine.Melanzane, Batinjan, Solanum melongena... in aspirazione di strudel e del ricordo
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Ingredienti
80 gr di pane raffermo
50 gr di granella di mandorle
50 gr di uvetta
2 spicchi d’aglio
1 cipolla bianca
2 mele saporite
1 cucchiaino di cannella
olio di oliva in quantità
sale e pepeprocedimento